Parliamo di mestruazioni – Chissà perché, anche nel 2017 – quasi 2018 – parlare di mestruazioni è ancora un tabù. Mostrarle decisamente impensabile. Noi donne ci siamo abituate. Da anni ci vengono propinate pubblicità in cui veniamo rappresentate durante il ciclo mestruale, in atteggiamenti e modi decisamente bizzarri: facciamo la ruota, ci buttiamo con il paracadute, siamo in uno sterile laboratorio su una qualche galassia lontana a progettare assorbenti sempre più anatomici, manco fossimo dei cyborg e via discorrendo. Ho sempre pensato che no, una donna non poteva aver ideato quelle campagne pubblicitarie, perché se fossi stata presente durante la riunione in cui qualche bizzarro collega dell’Adv se ne usciva con un claim del tipo “libera e felice come una farfalla”, mi sarei trasformata nella peggiore versione di me stessa, che manco Aureliano quando strabuzza gli occhi in Suburra.
Liquidino blu Vs liquidino rosso
Ovviamente, in tutte queste circostanze pubblicitarie, da anni, il sangue mestruale viene rappresentato come un liquidino blu. Certo, il liquido rosso risulterebbe splutter, magari se il regista dello spot fosse Quentin Tarantino potremmo anche giustificarlo, ma nel 100% dei casi è blu, o perlomeno non è mai rosso. Il motivo? Facile capirlo. Farebbe schifo a molti, troppi. Magari lo spot va in onda in tv mentre si mangia, magari stiamo per ingurgitare una succulenta bistecca al sangue e sarebbe troppo. Troppo per chi? Non è una questione di discorsi da femminista da Free bleeding movement, è un discorso culturale: noi donne abbiamo vergogna del nostro ciclo, di far scoprire anche solo per errore che lo abbiamo. Succede a molte di noi, magari non a tutte, ma succede.
A me quasi sempre. Spesso mi sono trovata a farlo, ho chiesto a mie amiche se si notasse l’assorbente – anche solo la forma – dai pantaloni, se fosse “tutt’ok” per paura di macchiarmi, anche solo per sbaglio. Tante volte non sono andata in palestra, perché con la divisa bianca del taekwondo avevo paura di sporcarmi e che tutti avrebbero saputo, forse si sarebbero “schifati”. Solo a scriverlo mi sembra assurdo. Assurdo “vergognarsi” per qualcosa di così naturale. Anzi sono una cosa che dovremmo benedire ogni volta che c’è, perché vi assicuro che non averle, a me è capitato per un periodo e per motivi legati ad un repentino calo di peso, ti fa sentire mancante di qualcosa, forse l’essenza stessa dell’essere donna.
Mondo Vs Mestruazioni, qualcosa sta cambiando?
Insomma, la buona notizia è che pare qualcosa stia cambiando, c’è chi chiede la riduzione dell’Iva sulla tassazione degli assorbenti (sì, sembra incredibile ma anche in Italia qualcuno si è mosso), qui trovi la petizione su Change.org o la proposta di legge sul congedo mestruale per le donne che soffrono di dismenorrea. Ed ora anche la canonica comunicazione sugli assorbenti sembra cambiare direzione (finalmente!) . Ad alzare la voce, in modo simbolico con una campagna mirata, è una marca di assorbenti inglese Bodyform, che ha lanciato il primo spot dove al posto del liquido blu viene usato del liquido rosso per mostrare la capacità di assorbimento dell’assorbente. Il claim della campagna è tanto chiaro quanto pungente: “A differenza di quello che si pensa normalmente, le donne perdono sangue”. La campagna di comunicazione è a 360°, viene anche mostrato un altro video in cui le donne per vari motivi si feriscono e perdono sangue, il sangue è sempre sangue in qualsiasi caso e nelle altre circostanze non si usa del liquido blu per mostrarlo, il messaggio è “No blood should hold you back“ (Non dovresti trattenere nessun tipo di sangue). Una campagna di sensibilizzazione davvero importante, noi donne non dobbiamo vergognarci di nulla, né tanto meno delle mestruazioni.
Contrary to popular belief women bleed blood. (Al contrario di quello che si crede, le donne sanguinano).
L’igiene mestruale: dai papiri egizzi alla coppetta mestruale
Ma se oggi che pensiamo di sapere tutto siamo ancora così arretrati in fatto di ciclo mestruale, cosa succedeva ad esempio nel Medioevo? Ho curiosato sulla storia delle mestruazioni e soprattutto la sua igiene per scoprire che anche in questo caso le donne hanno dovuto subire e combattere a lungo, prima che venisse riconosciuto il diritto a prendersi cura della propria igiene intima durante il ciclo e soprattutto non venisse considerato una malattia contagiosa.
Bisogna partire dal presupposto che in passato il ciclo non era frequente e regolare come lo è ora per la maggioranza delle donne. A causa delle condizioni di vita precarie le donne si ammalavano facilmente, avevano una vita più breve e andavano anche in menopausa molto prima. Già in Egitto, però, si hanno le prime testimonianze di assorbenti realizzati con bendaggi di lino imbevuti in un composto di argilla del nilo del miele e tenuti in vagina per quattro giorni. Nel Medioevo la situazione non era più felice, durante il periodo mestruale si usavano dei mutandoni o si indossavano capi rosso scuro per camuffare le macchie. Occorre arrivare al 1896 per trovare un po’ di sostegno fisico e grazie a Johson’s&Johson’s che mise in vendita i primi Lister’s Towels, sebbene le vendite non furono un successo, le donne preferivano usare la cellulosa utilizzata per i bendaggi dei soldati piuttosto che il cotone, meno perfomante come assorbente. Pensate che era talmente una cosa tabù che successivamente, negli anni ’20, gli assorbenti il cotone e cellulosa prodotti da Kimberly-Clark venivano venduti al self service, onde evitare imbarazzi con gli uomini alla cassa. Il primo Tampax arrivò da un’intuizione di un impiegato della Kimberly-Clark – un certo John Williamson – che arrotolò l’assorbente su stesso, creando il famoso tampone. Ma l’idea non piacque ai capi che non videro come cosa normale “inserire un articolo tanto strano dentro ad una donna”, cosa che invece non scandalizzò Gertrude Tenderich che decise di comprare il brevetto. Oggi abbiamo tantissimi tipi di assorbenti e la coppetta mestruale, ultimo baluardo dell’evoluzione dell’igiene mestruale femminile. Ma a quanto pare, di strada ce n’è ancora molta da fare, per tutto il resto.
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