Durante il lockdown come molti, ho avuto il tempo di avvicinarmi a TikTok, ne avevo sentito parlare, forse lo avevo persino scaricato, ma non ci avevo capito molto e lo avevo subito disinstallato. Ritornandoci ho scoperto che non era più il posto dove trovare solo balletti o challenge per adolescenti, ma anche tanti professionisti che avevano trovato una chiave di comunicazione adatta anche ai giovanissimi.
È stato così che mi sono inbattuta nel profilo di Fabiana su TikTok, dove la trovate con il suo ormai celebre nick che l’accompagna anche su Instagram, Fabiana Manager.
Ho trovato geniale aprire finalmente la mente ai giovani e a chi si affaccia sul mondo del lavoro e si trova spesso in difficoltà a scrivere i CV, a sostenere colloqui, e a barcamenarsi in generale nella scelta del proprio indirizzo di studi o nell’insidioso percorso lavorativo.
Fabiana Andreani è un HR Training Manager con tantissima esperienza e una grande capacità di spiegare attraverso semplici video e tips il mondo del lavoro.
Ho deciso di intervistarla con domande molto specifiche, perché mi capita spesso che chi mi segue mi chieda consigli in su questi temi, sulla base della mia esperienza, quindi – per me – farvi conoscere Fabiana è un po’ un regalo, per poter avere altri racconti e punti di vista sul modo migliore per tirare fuori le proprie capacità e farsi valere nel mondo del lavoro.
Ma ora lascio la parola a Fabiana, buona lettura!
Come capire in cosa abbiamo talento
Detto molto banalmente è quello che ci viene di fare quando abbiamo tempo libero o quello che, nonostante l’impegno costante, non ci costa più di tanta fatica ma anzi ci gratifica.
Non intendo solo attività materiali produttive (suonare la chitarra, cucinare, tagliare i capelli), ma anche competenze trasversali come stare con gli altri, parlare in pubblico, organizzare e tenere in ordine, oppure, amministrare costi.
Il talento è innato si dice: vero, ma deve essere anche allenato. Quindi io consiglio a tutti di imparare, almeno ogni mese qualcosa in più sull’ambito che ci piace, sia con corsi in presenza, oppure on-line anche semplicemente con dei tutorial.
Come scegliere il percorso di studi giusto per noi
La scelta del percorso di studi fa paura perché forse è la prima vera volta nella quale ci dobbiamo assumere delle responsabilità e sulla quale pesano anche le aspettative di coloro che ci stanno intorno. Abbiamo il timore di sbagliare perché la carriera ci sembra una specie di strada senza uscita ad unico senso di marcia. Ma non è così.
Ecco dei semplici passi da seguire per chiarirsi le idee.
Prima eliminiamo dalle alternative quello che odiamo, poi si passa a togliere quello che ha in sé dei sacrifici che non vogliamo affrontare (es. se non siamo pronti ad un lavoro che ci esponga tanto emotivamente, non facciamo medicina; se non vogliamo o possiamo andare all’estero meglio non scegliere lingue).
Di quello che rimane ci si informa tanto e ovunque: amici, conoscenti, LinkedIn, i gruppi di studenti presenti su Facebook o IG (cercate “Spotted + nome dell’Università” e troverete subito il gruppo ad hoc).
L’obiettivo? Capire bene COSA si fa con quella laurea alla fine. Inoltre, sgombrare la mente dai preconcetti: “Il concorso di notaio è impossibile se non hai notai in famiglia. Ingegneria non è per ragazze. Viaggiare troppo non ti permette di fare
una famiglia”. No. Non è detto. Almeno non a priori, perché la differenza la fai tu, il metodo di studio e la tua motivazione.
In ultimo, ricordiamoci che cambiare strada, se non ci troviamo bene in un percorso, non è una vergogna ma segno di maturità e ascolto di se stessi.
Stage, sì o no? (fino a che età)
Assolutamente sì e quanto prima possibile. Una cosa che dovresti capire finché stai studiando è che non si è mai troppo giovani per iniziare a fare esperienza.
Tutti i lavori si apprendono da zero ed è normale avere incertezze all’inizio. L’importante è essere curiosi, desiderosi di capire quello che ci circonda e fare domande, quando non capiamo qualcosa. Lo “stagista con esperienza” è una figura mitologica, non esiste o semmai nella mente di chi assume è una scusa per giustificare manodopera a basso costo.
Fuggiamo da queste offerte e cerchiamo chi si offre di formarci davvero, in cambio del nostro supporto.
Altro capitolo: il rimborso spese. Io sono fermamente decisa che il lavoro vada pagato adeguatamente ma, specialmente negli stage all’inizio, non è quanto prendiamo al mese a fare la differenza, quanto quello che riusciamo ad imparare come esperienza formativa.
Infatti, sarà proprio il bagaglio di esperienze a consentire di “rivenderci” al meglio presso altre strutture e renderci candidati più appetibili.
Fino a che età? In Italia i 30 anni sono un po’ lo spartiacque per iniziare da zero come dipendente. Poi non è impossibile ma si diventa meno competitivi, soprattutto per le grandi aziende molto strutturate.
La laurea – oggi – serve ancora per lavorare (e guadagnare)?
Direi di sì perché per molti lavori, anche impiegatizi, è diventato il requisito minimo. Serve anche per guadagnare? Se nel brevissimo periodo, i primi stipendi tra diplomati e laureati si assomigliano, statistiche dicono, che i secondi hanno una crescita maggiore nel medio lungo tempo. Quindi sì, vale ancora la pena di laurearsi.
Cosa fare quando nessuno risponde al nostro CV
Una domanda che apre degli universi, perché ogni selezione nasconde tante dinamiche dietro, delle quali solo una minima parte sono in mano nostra. Quello che possiamo fare è essenzialmente riassumibile in tre cose: lavorare su come appariamo sul CV o social, studiare meglio dove mandiamo il cv e come ci presentiamo.
Prima di tutto, fare un check al Cv: è chiaro, mirato alla posizione, leggibile, ordinato? Credetemi, è il primo biglietto da visita di un candidato e la cura, o la mancata cura della forma e dei dettagli, dicono tanto sulla sua motivazione, esperienza e approccio al lavoro. Tranne quando espressamente richiesto, Europass va evitato! Meglio un modello minimal fatto con Canva.com
Fare poi un check alla nostra on-line reputation. Come? Semplice. Mettere il nostro nome tra “virgolette” e vedere cosa esce fuori nella ricerca testuale o nelle immagini. Anche un Google Alert sul nostro nome può essere utile. L’obiettivo è quello di verificare che la rete parli di noi in maniera allineata al nostro profilo professionale.
Secondo: mappare le aziende o le strutture che ci interessano e leggere bene le job description, ci danno tante informazioni su valori e caratteristiche del candidato ideale che, chi fa selezione, andrà a cercare in noi. Molto importante tenere traccia anche delle candidature in un file excel, così da evitare di cascare dal pero, se riceviamo chiamate improvvise.
Terzo: Mente locale dopo ogni colloquio sulle domande. Ci sono stati punti dove siamo stati poco chiari? O dove la nostra motivazione non ha brillato? Quali sono state le reazioni alle domande che non sapevamo? Consiglio anche di provare una presentazione personale davanti allo specchio così vedere che effetto facciamo e superare la timidezza.
Infine, sembra banale ma non lo è, non perdersi d’animo. Trovare lavoro non è una gara. Non devi raccogliere centomila colloqui per considerarti un profilo valido, ne bastano pochi ma mirati e preparati bene.
Cosa fare quando il nostro lavoro non ci soddisfa
Mia mamma, che da poco è in pensione, dice sempre: “Il lavoro perfetto non esiste. Qualsiasi ruolo avrà qualcosa che non ti andrà a genio.”
Vero, ma questo non vuol dire perdersi d’animo. Bensì significa essere innanzitutto obiettivi, se qualcosa non ci soddisfa. È un periodo passeggero causato da, per esempio, un picco di lavoro? C’è stato qualche motivo scatenante? Il disagio deriva da qualcosa che abbiamo fatto?
Capire le ragioni e, soprattutto, se possiamo fare qualcosa noi può cambiare la nostra prospettiva di vedere le cose. Perché se realmente possiamo far qualcosa noi (condividere di più, frequentare meno quel collega, organizzare le consegne diversamente), il problema potrebbe essere gestibile. Possiamo anche arrivare a chiedere a HR o manager di riferimento, se possiamo chiedere di poter lavorare in un altro team o funzione vicina.
Se invece il motivo della nostra insoddisfazione è strutturale e insito nelle mansioni (non impariamo più nulla, non c’è crescita, non mi piace il settore) possiamo cercare di cercare di cambiarlo e mandare, con discrezione, candidature. E ricordarsi che il lavoro è solo una parte della nostra vita.
5 cose da non fare sul lavoro
Qui starebbe bene la parola che più utilizza chi lavora in risorse umane ovvero “dipende”, perché ogni luogo di lavoro ha delle regole non scritte sui dos & dont’s.
Queste regole di buon senso valgono un po’ ovunque:
1 – non parlare male degli altri se non vuoi che sparlino di te,
2 –non creare conflitti ma cerca di essere sempre gentile,
3- non mentire,
4 –non scaricare le tue responsabilità (ma . ahimè – più si va in alto, più lo scaricabarile impera) e non chiedere quando non si sa qualcosa (soprattutto agli inizi..fai domande!)
5- Non nascondere ma chiedere e condividere: atteggiamento che limita gli errori e permette di imparare molto più velocemente trucchi e modalità per svolgere al meglio un lavoro.
Cosa fare quando non vai d’accordo con il tuo capo
Il capo è sempre il capo e ha più potere di te, anche se commette cavolate. E difficilmente verrà messa in dubbio.
Quindi o cambi capo, o diventi tu il capo oppure, ed è il mio consiglio, fai buon viso a cattivo gioco.
Non cercare il conflitto ma fai il più possibile domande, chiamalo, chiedi: specie se il tuo capo è ansioso, lo farà sentire considerato.
Come per i colleghi, mai parlarne male dentro e fuori l’azienda perché anche i muri hanno orecchi.
Fatti scivolare addosso le critiche e prendine solo gli aspetti costruttivi (la valutazione riguarda solo una piccola parte di quello che siamo, ricordiamocelo).
Con tatto e cautela, se hai dei momenti di feedback con le risorse umane o i capi supremi cerca di proporre un nuovo assetto organizzativo, puntando sui vantaggi che apporterebbe il tuo contributo.
Se la situazione diventa poi ingestibile, cerca di muoverti, ma senza dire nulla agli altri, per cambiare.
Colleghi: che rapporti instaurare?
I colleghi non li scegliamo a catalogo e quindi non sto qui a dire che dobbiamo per forza farceli amici.
Dobbiamo però abituarci a conviverci per quelle ore.
Come? Cercando di impostare i rapporto in termini di cortesia e discrezione. Abituarsi a condividere, chiedere e mettere in copia il più possibile. Le persone devono aver l’impressione di potersi fidare di quello che facciamo. In questo modo si è tutti allineati e anche la possibilità che errori e responsabilità siano condivisi.
A risposta rude e scortese, cerchiamo di non cadere in un escalation di nervosismo ma lasciamo che sia l’altro a fare la figura del burbero.
Se siamo gli ultimi arrivati, cerchiamo subito, anche solo con lo sguardo, dei colleghi più affabili ai quali fare riferimento in caso di necessità.
Altro capitolo, le relazioni sentimentali sul posto di lavoro: attenzione che la qualità del lavoro e il nostro equilibrio psicologico non ne risenta. I sentimenti sono ben altra cosa rispetto al lavoro.
Il 2020 è un anno difficile cosa possiamo fare per renderlo meno duro se cerchiamo lavoro o vogliamo crescere in azienda?
Quest’anno è stato per tutti un enorme banco di prova dove mettere in discussione le nostre priorità. Il concetto di libertà individuale ha lasciato spazio a quello di bene comune, prassi quotidiane irrinunciabili sono state messe da parte e i nuovi equilibri tra lavoro e famiglia sono spesso diventati ancora più precari.
La situazione inedita, che nessun si aspettava e nessuno sa dire con certezza quando finirà, ci ha messo davanti ad un fatto: il cambiamento è parte delle nostre vite e non sempre siamo noi a deciderne la direzione.
Ognuno di noi però ha appreso qualcosa che lo ha reso più forte e qualità come resilienza, capacità di adattamento, spirito critico, autonomia e sperimentazione sono entrate nel nostro bagaglio di competenze trasversali. Tutte qualità che possiamo raccontare ad un qualsiasi colloquio di lavoro.
Ai maturandi di quest’anno, specialmente, dico di raccontare sempre con orgoglio la loro esperienza perché non è da tutti gestire in indipendenza grandi carichi di studi e apprenderle tramite metodi e mezzi che nessuno aveva prima sperimentato.
Se si è in cerca di lavoro, invito a continuare con le candidature perché le risorse umane delle aziende non si sono mai fermate, anzi candidarsi ora farà sì che il curriculum sia subito disponibile una volta che si apriranno posizioni. Ovvio cassa integrazione, riduzione del fatturato, smart working stanno rallentando l’apertura di nuove posizioni, ma ciò non
vuol dire che non ci possano essere ruoli da ricoprire.
Approfittiamo del tempo per mappare bene le nostre competenze e punti di forza, leggiamo i requisiti nelle job description e capiamo se dobbiamo colmare delle lacune attraverso una formazione mirata. Individuiamo poi le strutture del territorio dove vogliamo lavorare e iniziamo con le candidature.
Se invece vogliamo crescere internamente, forse il momento è ancora più delicato viste le riduzioni dei mercati, ma possiamo lo stesso chiedere un confronto con un nostro diretto responsabile per avere un feedback sul nostro operato.
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