Cari minimalisti in progress, quante volte trascuriamo la nostra serenità pur di fare quello che secondo gli altri è la cosa giusta? Affrontiamo insieme questo tema e cerchiamo di capire come venirne fuori
Qualche giorno fa ho condiviso questa quote nelle stories di Instagram: “Se costa la serenità allora costa troppo” – ne condivido una ogni giorno, un po’ per motivare me e spero anche gli altri – ma questa l’ho sentita particolarmente adatta al periodo che un po’ tutti stiamo vivendo.
Dopo la pandemia facciamo fatica a ritornare a vivere ai ritmi di prima. Io personalmente, è come se fossi improvvisamente scesa dalla ruota del criceto, prima un senso di smarrimento e stordimento, per poi più lucidamente con il passare dei giorni e poi dei mesi rendermi conto del livello di stress che ero diventata capace di gestire. Gestire lo stress del resto, è uno dei pilastri della società capitalista. Se non sei capace di fare mille cose contemporaneamente magari in ambienti tossici e mostrandoti anche ogni giorno con il sorriso, perché mai mostrare un segno di debolezza, allora non vali niente. È questo che ci hanno inculcato per anni, ancora oggi quando leggo gli annunci di lavoro trovo sempre, ma proprio sempre la celeberrima frase: capacità di gestione dello stress, o abilità a lavorare in un ambiente dinamico, ovvero frenetico.
Fatto sta che ogni volta che dobbiamo fare una scelta per noi, o almeno a me è sempre successo così, non ho mai messo sul piatto della bilancia, in egual misura, ciò che economicamente o socialmente mi portava quella scelta, versus la mia serenità.
Sono cresciuta con l’idea di dover fare dei sacrifici, che era normale, del resto sono una millennial figlia di Boomers che nella vita forse non se l’erano neanche mai chiesto cosa volevano fare o semplicemente non hanno mai avuto molte scelte. Si faceva quello che c’era da fare, l’importante era portare il piatto a tavola. La serenità era quella.
Non voglio dire che fare dei sacrifici sia sbagliato, ma farli per qualcosa che ti renderà perlomeno sereno, non dico felice, dovrebbe essere la chiave di lettura migliore.
Con la mia generazione le cose sono state sempre un po’ rigide da questo punto di vista, me ne rendo conto: guardando sia alla mia vita che a molti miei coetanei.
A tutte le possibilità che mi sono preclusa, tipo vivere all’estero, o almeno capire cosa volessi fare davvero, chi ero. Sempre per la paura di perdere tempo. Di laurearmi con un anno di ritardo o di non mettermi subito a lavorare appena laureata.
Sapete cosa?
Non sarebbe cambiato nulla.
La generazione di oggi, invece, è molto attenta alla sua identità, a scoprire se stessa attraverso il mondo. Ad adattarsi più velocemente al cambiamento, spesso trasferendosi all’estero proprio per questo, per scoprirsi attraverso altri mondi.
In questo senso sono molto più bravi a dire di no.
Mentre chi è cresciuto come me non ha mai pensato di rinunciare a qualcosa, anche quando non gli permetteva di essere sereno.
Ad esempio, noi generazione figlia del culto del contratto a tempo indeterminato, difficilmente riusciamo a rinunciare a questo status, anche se il lavoro che facciamo, la vita che facciamo non ci fa stare bene. Anche se non siamo fatti per il lavoro d’ufficio, anche se piangiamo ogni sera quando torniamo a casa perché ci rendiamo conto che non stiamo vivendo la nostra vita, stiamo solo vivendo nella paura di affrontare delle scelte.
Ad un certo punto, però, quando e se davvero il prezzo che stiamo pagando in termini di serenità diventa troppo alto: un piccolo passo alla volta, si può fare, si deve fare. Il consiglio è – per chi è ancora giovane – di cercare di costruire la vita che vorrebbe, non quella da cui vorrebbe scappare, aspettando solo il weekend per sentirsi libero.
Per chi è più avanti con l’età è di capire in primis cosa ci toglie serenità e cercare nel nostro piccolo, fin dove possiamo arrivare, di fare delle azioni che possano portarci mentalmente, non solo fisicamente, in un luogo migliore.
Purtroppo non c’è una ricetta magica che vale per tutti, perché ognuno ha delle situazioni personali particolari, ma vale sempre imparare a dire educatamente dei bei No alle cose che non ci stanno bene.
Un passo alla volta ma si può fare già tanta differenza.
Il minimalismo è uno stato mentale, un approccio alla vita e non solo alle cose materiali, ne parleremo insieme puntata dopo puntata nei prossimi podcast o qui sul blog. Ti aspetto!
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