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Slow fashion movement, cos’è e perché fanne parte

Slow fashion locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – Locuzione coniata da Kate Fletcher nel 2007 applicando al settore moda le suggestioni del movimento slow food di Carlo Petrini, con l’idea di difendere le buone pratiche che intendono porsi come controproposta e antidoto, se non proprio in aperta opposizione, alle derive della produzione industriale.

Voglio parlarvi di slow fashion perché da quando mi sono avvicinata al minimalismo ho cambiato punto di vista su molte cose. Se prima non mi facevo problemi ad acquistare, l’importante per me era che l’oggetto in questione mi piacesse.

Oggi prima di concludere la spesa mi chiedo: Ne ho effettivamente bisogno? Da dove proviene? Chi l’ha fatto? Quanto tempo impiegherà per decomporsi o per essere riciclato.

Con questo metodo ho ridotto notevolmente le mie spese, ho migliorato la qualità di ciò che mi circonda, della mia vita e anche ridotto il mio impatto sul Pianeta.

Sembra poco, ma è un primo passo importante che se fatto da un numero sempre maggiore di persone può creare dei cambiamenti importanti rispetto all’attuale impostazione del sistema moda, ma non solo.

Vi consiglio il documentario The True Cost su Netflix per schiarirvi le idee in merito

Non sono un’estremista. Non voglio bannare la produzione industriale, ma credo che sia opportuno dividere le collezioni in primavera/estate e autunno/inverno, senza farne invece 50 all’anno come succede nei sistemi di fast fashion, con il risultato di generare tantissimi capi invenduti, o che restano nei nostri armadi inutilizzati, per poi essere buttati e molto spessi realizzati con materiali che generano micro plastiche. Per non parlare poi dello sfruttamento dei lavoratori che spesso devono sottoporsi a turni estenuanti per pochi dollari (la produzione viene spesso esternalizzata in paesi meno sviluppati per poter avere molto di più a molto meno e spesso con meno diritti.

Per me guardare il documentario The True Cost su Netflix è stato illuminante. Potrete vedere in maniera molto più chiara di come ve lo sto spiegando io, anche perché sono argomenti che vanno trattati con un certo approfondimento, come funziona l’industria del fast fashion e trarre le vostre conclusioni.

Molti di questi colossi cercano di “ripulire” la loro immagine, sapendo che il tema del climate change è molto caldo e sentito in questi ultimi tempi, lanciando iniziative di sostenibiltià, ma capite bene che fino a quando ci sarà una produzione “pazza” tesa solo a farci comprare di più, con una collezione nuova in negozio ogni settimana, siamo ancora molto lontani dall’obiettivo e si tratta solo di green washing.

Come aderire allo Slow Fashion Movement

Possiamo decidere di acquistare capi etici e sostenibili, ed informarsi è il primo passo per farlo. Anche io sono alle prime armi quindi tranquille, nessuno di noi verrà giudicato, ma siamo qui per apprendere insieme. Ecco le azioni che ho messo in atto e spero possano ispirare anche te:

  • Ho ridotto in maniera consistente se non del tutto eliminato gli acquisti nelle catene fast fashion (negli anni ho già dato abbastanza denaro a queste realtà e ora vorrei foraggiare altre attività più etiche)
  • Mi sono avvicinata al mondo del vintage e del second hand e devo dirti che mi piace tantissimo. Acquisto soprattutto ai mercatini dell’usato e da Humana Vintage
  • Vendo i miei capi di abbigliamento, ogni cambio di stagione faccio una cernita e li porto al mercatino più vicino a casa (il mio scopo non è il guadagno ma far vivere una seconda vita a capi quasi nuovi)
  • Ho aderito allo Slow Fashion Season, iniziativa che ho scoperto tramite Instagram e che è una super campagna globale con raccolta firme dove si aderisce non acquistando al fast fashion dal 21 luglio al 21 settembre. Io ho firmato e se si raggiungono 25.000 firme (ora siamo a 10.000), l’impatto potrebbe essere davvero importante. Spero parteciperai anche tu.

Restiamo in contatto!

Roberta Costantino blogger podcast

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1 Comment

  • Reply
    Ilenia
    10/07/2020 at 7:05 pm

    Ho notato che ora anche Zalando indica se il capo è sostenibile; quando scelgo un abito ormai ci faccio caso. Mi sono innamorata anche io del vintage; adoro i vestiti della nonna, hanno tutta un’altra eleganza

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